Tratto dalla rivista Aam Terra Nuova nr. 214 febbraio 2007
Pannolini lavabili
Un grattacielo alto 800 metri e con una base larga quanto un campo da calcio: è questa la montagna di pannolini usa e getta prodotta ogni anno in Europa. Solo in Italia, ogni giorno se ne consumano circa 6 milioni e mezzo.
L’impatto ambientale di questa enorme massa di pannolini è a dir poco
disastroso: già per la sola produzione vengono consumati 12.500
tonnellate di plastica, 225.000 tonnellate di polpa di legno, 2,15
miliardi di litri di petrolio, 6 miliardi di litri d’acqua e migliaia di
MW di energia. Una volta gettati nella spazzatura, i pannolini, che da
soli costituiscono fino al 10% dei rifiuti solidi urbani, continuano a
rappresentare un problema per l’ambiente e un elevato costo per la
comunità: la loro degradazione in discarica richiede centinaia di anni;
se invece vengono bruciati negli inceneritori contribuiscono alla produzione di diossina.
Che
gli usa e getta rappresentino un grande spreco di risorse e di
inquinamento è dunque evidente, ma è anche vero che se si considera il consumo
di energia, acqua e detersivo anche i pannolini lavabili non sono da
meno. Anzi c’è chi sostiene che alla fine, se si considera la crescente penuria d’acqua che assilla il pianeta, forse i monouso sono più ecologici dei lavabili. Come stanno le cose?
Impatto ambientale
Nel 1991, vennero pubblicati due importanti studi per confrontare
l’impatto ambientale di pannolini in tessuto con quello dei monouso. Le
due ricerche, condotte rispettivamente da Lentz e Little, entrambi
finanziati dal colosso mondiale Proctor & Gamble, produttrice dei
Pampers, guarda caso evidenziarono una scarsa differenza d’impatto
ambientale tra monouso e riutilizzabili. Qualche anno più tardi,
l’associazione ecologista inglese Women’s Environmental Network (Wen)
incaricò la Società di Consulenza Landbank di sottoporre a revisione critica
i due studi. La nuova ricerca riscontrò che sia Lentz che Little si
erano concentrati sulla fase di «utilizzo», in cui i pannolini lavabili
presentano un maggiore impatto ambientale e dimostrò che gli usa e getta
utilizzano 3,5 volte più energia, 8 volte più materie prime e 90 volte più risorse rinnovabili rispetto ai pannolini riutilizzabili.
Inoltre
i monouso producono 2,3 volte più rifiuti liquidi e 30 volte più
rifiuti solidi. Non soddisfatte, le attiviste del Wen usarono il
rapporto Landbank come base per un ricorso di fronte alla Authority
inglese sulla pubblicitàcontro l’affermazione della Proctor & Gamble
che l’impatto ambientale dei pannolini usa e getta non è
sostanzialmente peggiore rispetto a quello dei pannolini di tessuto. Le
argomentazioni del Wen furono confermate dall’Authority e dopo tale
ordinanza, il colosso mondiale dei pannolini ha di fatto cessato di
utilizzare argomentazioni ecologiche per pubblicizzare i propri
pannolini.
Neonati inquinatori
Insieme al
polietilene e al polipropilene, l’ingrediente principale degli usa e
getta convenzionali è la pasta di legno. È stato calcolato che ogni 500
pannolini, corrispondenti a circa tre mesi di ricambio, un albero di
medie dimensioni viene buttato giù in qualche parte del mondo. Insomma, a
causa dei pannolini monouso, ancora prima di parlare e di iniziare a
gattonare, ogni bambino si trasforma in un precoce inquinatore e
consumatore
di risorse. All’età di tre anni ha già contribuito all’abbattimento di
almeno 10 alberi di medie dimensioni. Partendo da questa constatazione,
numerosi genitori, associazioni, aziende e amministrazioni locali si
sono dati da fare per ridurre al minimo l’impatto ambientale della pipì e
della cacca dei più piccoli. Diverse sono le alternative possibili. La
scelta più radicale e impegnativa è certamente quella di fare
completamente a meno dei pannolini (vedi il libro Senza Pannolino di
Laurie Boucke, Aam Terra Nuova); quella più semplice e immediata
consiste nel ricorrere all’impiego di pannolini lavabili o ai monouso
biodegradabili. D’altra parte abbandonare i tradizionali usa e getta non
è solo una questione di coscienza ecologica, ma soprattutto una scelta a
favore della salute del bambino.
Sappiamo tutti del preoccupante
incremento dell’infertilità maschile, comune a tutti i paesi
industrializzati. Le ragioni di questo fenomeno sono diverse, ma
secondo uno studio dell’università di Kiel (Germania), il rivestimento
impermeabile dei pannolini usa e getta potrebbe provocare danni
permanenti al sistema riproduttivo dei bambini e causare infertilità
maschile. Sul banco degli accusati è la plastica dei monouso
convenzionali che, secondo i ricercatori tedeschi, fa salire la
temperatura dello scroto di circa 1,1°C rispetto a quella corporea. «Il
prolungato aumento della temperatura scrotale durante la prima infanzia»
si legge nel rapporto «può avere un importante ruolo sulla futura
salute e funzionalità dei testicoli, con implicazioni per la fertilità
maschile ». Gli usa e getta potrebbero essere responsabili anche del
drastico aumento delle vaginiti croniche in età pediatrica, un disturbo
che sino a pochi decenni fa si manifestava solo in donne adulte.
Eritemi e allergie diffuse
La tanto decantata capacità di «tenere asciutto» dei monouso
convenzionali è ottenuta a caro prezzo. L’impiego di materiali
completamente impermeabili non permette alla pelle di traspirare,
creando un ambiente umido, caldo e carente di ossigeno: condizioni
ideali per lo sviluppo di eritemi. «Per ridurre al minimo tali
inconvenienti» spiega Simone Rugolotto, pediatra presso il Policlinico
di Verona «le case produttrici trattano la parte interna dei pannolini
con i cosiddetti «materiali aggiuntivi», creme e altre sostanze
lenitive, allo scopo di ridurre l’effetto abrasivo dei materiali
sintetici sulla pelle dei bambini, ma sono proprio queste sostanze che
sulle pelli più sensibili possono provocare arrossamenti». Secondo alcune
associazioni di consumatori a causare gli arrossamenti sarebbero anche i
gel chimici superassorbenti che hanno la funzione di catturare
la
pipì. Su queste sostanze ancora oggi non sono stati effettuati studi
approfonditi, di certo uno dei principali ingredienti del coktail
superassorbente è il sodio policloridato, sostanza eliminata dalla
produzione dei tamponi assorbenti per donna perché sospetta di provocare pericolosi shock tossici. Altre sostanze messe sotto accusa dalle
associazioni dei consumatori sono i prodotti chimici con cui vengono
trattati gli usa e getta per evitare la formazione di muffa e di cattivi
odori. Nel 1967 ci fu il caso del policloroprene; nel 1988 quello del
benzolo, nell’89 quello della diossina; nel 2000 uno studio pubblicato
da Greenpeace Germania denunciò la presenza di tributile di stagno (Tbt)
nei pannolini delle marche più diffuse, un composto che già in una
percentuale di 0,001 microgrammi per litro risulta letale per gli
organismi acquatici e che proprio per l’elevato potere biocida trova
impiego nella verniciatura degli scafi delle barche allo scopo di
evitare il deposito di alghe e conchiglie. Il tributile è un composto
tossico ad azione permanente che si concentra negli organismi viventi
alterandone l’equilibrio ormonale e il sistema immunitario. Nell’uomo
può provocare l’insorgere di tumori e gravi disturbi al sistema nervoso.
Se i rischi legati all’assorbimento della pelle di possibili residui
tossici rilasciati dai pannolini sono ancora da dimostrare, le
statistiche mediche di tutti i paesi concordano nel riconoscere una
correlazione diretta tra impiego degli usa e getta e incremento dei casi
di arrossamento, eritemi e allergie. Un dato per tutti: dal 1959 ad
oggi i casi d’arrossamento da pannolino sono aumentati negli Stati Uniti
dal 7,1 al 61%. Analogamente, secondo l’American medical association,
l’arrossamento interessa il 54% dei bambini che usano pannolini mono-uso
e solo il 18% dei bambini che vengono avvolti in pannolini di tessuto.
L’aumento delle irritazioni è sicuramente dovuto anche alla pratica
scorretta di lasciare per molto tempo lo stesso pannolino. Per prevenire
questo diffuso inconveniente sarebbe sufficiente cambiare più spesso il
bambino, ma allora che senso ha usare prodotti super assorbenti?
S’innalza l’età del vasino
Un altro problema causato dagli usa e getta è lo spostamento nel tempo
dello svezzamento dal pannolino. Un sondaggio dell’American Pediatric Society
ha evidenziato come negli ultimi dieci anni l’età media dell’abbandono
del pannolino è salita a 42 mesi. Il motivo? I gel superassorbenti,
limitano la sensazione di bagnato sulla pelle e così il bambino impiega
più tempo per imparare a «non farsela addosso».
Con il lavabile si risparmia
Dopo tutta questa serie di controindicazioni appare evidente che i
pannolini lavabili di cotone biologico non rappresentano un ritorno al
passato, ma anzi una scelta valida sia per la salute del bambino che per l’ambiente, ma non solo. Proviamo a fare un po’ di conti. 6 cambi al dì
per tre anni, fanno 6570 pannolini. Considerando un prezzo medio tra
0,24 e 0,35 euro, si arriva, a seconda del modello prescelto, a una
spesa media, per i primi tre anni del bambino, tra i 1.576 e i 2.299
euro. Vediamo ora quanto si spende scegliendo pannolini lavabili di
cotone biologico. Considerando 20 pannolini di taglia unica, più 6
mutandine (due per taglia), più 60 scatole di veli per la raccolta delle
feci si spende in tutto tra i 550 e i 650 euro. Quindi da un terzo a un
quarto rispetto alla spesa richiesta dai monouso, senza poi considerare
che nel caso di altri figli propri o di amici, pannolini e mutandine si
possono riutilizzare gratuitamente. «La difficoltà principale nella
diffusione dei pannolini in tessuto» afferma l’ostetrica milanese Giulia
Roberti «è il maggior impegno richiesto agli adulti che debbono
intervenire tempestivamente una volta che i bambini sono bagnati». «In
realtà» ribatte Simone Rugolotto «questo costituisce un doppio
vantaggio: gli adulti imparano a conoscere meglio le abitudini del
bambino e il bambino si emancipa prima dal pannolino».
Niente usa e getta
L’aggravamento del problema rifiuti e i crescenti costi di smaltimento
hanno spinto numerose amministrazioni comunali a sostenere direttamente l’impiego
di pannolini lavabili. Uno dei paesi più avanti nell’adozione di
politiche a favore dei pannolini in tessuto è la Gran Bretagna. Da
qualche anno nella contea del West Sussex, a sud di Londra, i genitori
che scelgono l’impiego di pannolini in tessuto, oltre a usufruire del
servizio gratuito di lavanderia, hanno diritto anche ad un piccolo
incentivo (pari a poco meno di 45 euro) e ad una prima fornitura di
pannolini omaggio. In molte zone, la campagna a favore dei pannolini
riutilizzabili è sostenuta anche dagli ospedali, nei cui reparti
pediatrici vengono promossi e utilizzati pannolini in tessuto, e dalle
stesse farmacie che fanno da centri promozionali dell’iniziativa.
Graziea questa campagna, oggi nel West Sussex, dove si contano 9 mila
nascitel’anno, 560 famiglie utilizzano pannolini in tessuto. E grazie al
loro impegno, oggi nelle discariche della contea finiscono 3 milioni e
mezzo di pannolini in meno. Iniziative analoghe stanno nascendo negli
ultimi anni anche in Italia: Montebelluna, in provincia di Treviso;
Tezze sul Brenta nel Vicentino; Acquanegra in provincia di Cremona; Dro,
in Trentino. In questi comuni vengono distribuiti, alle famiglie che li
richiedono, kit gratuiti di pannolini lavabili e in qualche caso anche
incentivi in denaro. La ragione? «Quando si utilizzano pannolini usa e
getta» spiega Francesca Corradini, del servizio tecnico del Comune di
Dro «ogni bambino produce circa una tonnellata di rifiuti, il cui
smaltimento costa al comune circa 136 euro. Distribuendo pannolini
lavabili, oltre agli evidenti vantaggi ambientali, l’amministrazione
risparmia sullo smaltimento dei rifiuti e i bambini stanno meglio».
Una questione di marketing
«Siamo alle solite» spiega Simone Rugolotto «come già accade per altri
prodotti per la prima infanzia, anche nel caso dei pannolini, le
aziende produttrici sembrano più preoccupate di soddisfare i bisogni di
praticità delle mamme che le esigenze di salubrità del bambino. Per
quasi tre anni, i bambini convivono strettamente con i pannolini eppure
nessun legislatore si è preoccupato di regolamentare questi prodotti.
Non
esiste nessun obbligo di riportare in etichetta i materiali utilizzati,
né tanto meno esistono studi clinici che analizzano l’innocuità dei
vari prodotti impiegati. La pubblicità ci abituato all’idea: «pannolino
usa e getta = igiene». Ma così non è. Il pannolino, mi riferisco
naturalmente ai monouso convenzionali, non è affatto igienico. La pelle
ha bisogno di respirare e deve stare il meno possibile a contatto con
gli escrementi. Ecco perché bisogna preferire i pannolini lavabili e i
monouso ecologici e biodegradabili».