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sabato 12 gennaio 2013

Ancora Pannolini Lavabili: Spoiler Ambientalista

Tratto dalla rivista Aam Terra Nuova nr. 214 febbraio 2007

Pannolini lavabili
Un grattacielo alto 800 metri e con una base larga quanto un campo da calcio: è questa la montagna di pannolini usa e getta prodotta ogni anno in Europa. Solo in Italia, ogni giorno se ne consumano circa 6 milioni e mezzo.
L’impatto ambientale di questa enorme massa di pannolini è a dir poco disastroso: già per la sola produzione vengono consumati 12.500 tonnellate di plastica, 225.000 tonnellate di polpa di legno, 2,15 miliardi di litri di petrolio, 6 miliardi di litri d’acqua e migliaia di MW di energia. Una volta gettati nella spazzatura, i pannolini, che da soli costituiscono fino al 10% dei rifiuti solidi urbani, continuano a rappresentare un problema per l’ambiente e un elevato costo per la comunità: la loro degradazione in discarica richiede centinaia di anni; se invece vengono bruciati negli inceneritori contribuiscono alla produzione di diossina.
Che gli usa e getta rappresentino un grande spreco di risorse e di inquinamento è dunque evidente, ma è anche vero che se si considera il consumo di energia, acqua e detersivo anche i pannolini lavabili non sono da meno. Anzi c’è chi sostiene che alla fine, se si considera la crescente penuria d’acqua che assilla il pianeta, forse i monouso sono più ecologici dei lavabili. Come stanno le cose?

Impatto ambientale
Nel 1991, vennero pubblicati due importanti studi per confrontare l’impatto ambientale di pannolini in tessuto con quello dei monouso. Le due ricerche, condotte rispettivamente da Lentz e Little, entrambi finanziati dal colosso mondiale Proctor & Gamble, produttrice dei Pampers, guarda caso evidenziarono una scarsa differenza d’impatto ambientale tra monouso e riutilizzabili. Qualche anno più tardi, l’associazione ecologista inglese Women’s Environmental Network (Wen) incaricò la Società di Consulenza Landbank di sottoporre a revisione critica i due studi. La nuova ricerca riscontrò che sia Lentz che Little si erano concentrati sulla fase di «utilizzo», in cui i pannolini lavabili presentano un maggiore impatto ambientale e dimostrò che gli usa e getta utilizzano 3,5 volte più energia, 8 volte più materie prime e 90 volte più risorse rinnovabili rispetto ai pannolini riutilizzabili.
Inoltre i monouso producono 2,3 volte più rifiuti liquidi e 30 volte più rifiuti solidi. Non soddisfatte, le attiviste del Wen usarono il rapporto Landbank come base per un ricorso di fronte alla Authority inglese sulla pubblicitàcontro l’affermazione della Proctor & Gamble che l’impatto ambientale dei pannolini usa e getta non è sostanzialmente peggiore rispetto a quello dei pannolini di tessuto. Le argomentazioni del Wen furono confermate dall’Authority e dopo tale ordinanza, il colosso mondiale dei pannolini ha di fatto cessato di utilizzare argomentazioni ecologiche per pubblicizzare i propri pannolini.

Neonati inquinatori
Insieme al polietilene e al polipropilene, l’ingrediente principale degli usa e getta convenzionali è la pasta di legno. È stato calcolato che ogni 500 pannolini, corrispondenti a circa tre mesi di ricambio, un albero di medie dimensioni viene buttato giù in qualche parte del mondo. Insomma, a causa dei pannolini monouso, ancora prima di parlare e di iniziare a gattonare, ogni bambino si trasforma in un precoce inquinatore e
consumatore di risorse. All’età di tre anni ha già contribuito all’abbattimento di almeno 10 alberi di medie dimensioni. Partendo da questa constatazione, numerosi genitori, associazioni, aziende e amministrazioni locali si sono dati da fare per ridurre al minimo l’impatto ambientale della pipì e della cacca dei più piccoli. Diverse sono le alternative possibili. La scelta più radicale e impegnativa è certamente quella di fare completamente a meno dei pannolini (vedi il libro Senza Pannolino di Laurie Boucke, Aam Terra Nuova); quella più semplice e immediata consiste nel ricorrere all’impiego di pannolini lavabili o ai monouso biodegradabili. D’altra parte abbandonare i tradizionali usa e getta non è solo una questione di coscienza ecologica, ma soprattutto una scelta a favore della salute del bambino.
Sappiamo tutti del preoccupante incremento dell’infertilità maschile, comune a tutti i paesi industrializzati. Le ragioni di questo fenomeno sono diverse, ma secondo uno studio dell’università di Kiel (Germania), il rivestimento impermeabile dei pannolini usa e getta potrebbe provocare danni permanenti al sistema riproduttivo dei bambini e causare infertilità maschile. Sul banco degli accusati è la plastica dei monouso convenzionali che, secondo i ricercatori tedeschi, fa salire la temperatura dello scroto di circa 1,1°C rispetto a quella corporea. «Il prolungato aumento della temperatura scrotale durante la prima infanzia» si legge nel rapporto «può avere un importante ruolo sulla futura salute e funzionalità dei testicoli, con implicazioni per la fertilità maschile ». Gli usa e getta potrebbero essere responsabili anche del drastico aumento delle vaginiti croniche in età pediatrica, un disturbo che sino a pochi decenni fa si manifestava solo in donne adulte.

Eritemi e allergie diffuse
La tanto decantata capacità di «tenere asciutto» dei monouso convenzionali è ottenuta a caro prezzo. L’impiego di materiali completamente impermeabili non permette alla pelle di traspirare, creando un ambiente umido, caldo e carente di ossigeno: condizioni ideali per lo sviluppo di eritemi. «Per ridurre al minimo tali inconvenienti» spiega Simone Rugolotto, pediatra presso il Policlinico di Verona «le case produttrici trattano la parte interna dei pannolini con i cosiddetti «materiali aggiuntivi», creme e altre sostanze lenitive, allo scopo di ridurre l’effetto abrasivo dei materiali sintetici sulla pelle dei bambini, ma sono proprio queste sostanze che sulle pelli più sensibili possono provocare arrossamenti». Secondo alcune associazioni di consumatori a causare gli arrossamenti sarebbero anche i gel chimici superassorbenti che hanno la funzione di catturare la pipì. Su queste sostanze ancora oggi non sono stati effettuati studi approfonditi, di certo uno dei principali ingredienti del coktail superassorbente è il sodio policloridato, sostanza eliminata dalla produzione dei tamponi assorbenti per donna perché sospetta di provocare pericolosi shock tossici. Altre sostanze messe sotto accusa dalle associazioni dei consumatori sono i prodotti chimici con cui vengono trattati gli usa e getta per evitare la formazione di muffa e di cattivi odori. Nel 1967 ci fu il caso del policloroprene; nel 1988 quello del benzolo, nell’89 quello della diossina; nel 2000 uno studio pubblicato da Greenpeace Germania denunciò la presenza di tributile di stagno (Tbt) nei pannolini delle marche più diffuse, un composto che già in una percentuale di 0,001 microgrammi per litro risulta letale per gli organismi acquatici e che proprio per l’elevato potere biocida trova impiego nella verniciatura degli scafi delle barche allo scopo di evitare il deposito di alghe e conchiglie. Il tributile è un composto tossico ad azione permanente che si concentra negli organismi viventi alterandone l’equilibrio ormonale e il sistema immunitario. Nell’uomo può provocare l’insorgere di tumori e gravi disturbi al sistema nervoso.
Se i rischi legati all’assorbimento della pelle di possibili residui tossici rilasciati dai pannolini sono ancora da dimostrare, le statistiche mediche di tutti i paesi concordano nel riconoscere una correlazione diretta tra impiego degli usa e getta e incremento dei casi di arrossamento, eritemi e allergie. Un dato per tutti: dal 1959 ad oggi i casi d’arrossamento da pannolino sono aumentati negli Stati Uniti dal 7,1 al 61%. Analogamente, secondo l’American medical association, l’arrossamento interessa il 54% dei bambini che usano pannolini mono-uso e solo il 18% dei bambini che vengono avvolti in pannolini di tessuto. L’aumento delle irritazioni è sicuramente dovuto anche alla pratica scorretta di lasciare per molto tempo lo stesso pannolino. Per prevenire questo diffuso inconveniente sarebbe sufficiente cambiare più spesso il bambino, ma allora che senso ha usare prodotti super assorbenti?

S’innalza l’età del vasino
Un altro problema causato dagli usa e getta è lo spostamento nel tempo dello svezzamento dal pannolino. Un sondaggio dell’American Pediatric Society ha evidenziato come negli ultimi dieci anni l’età media dell’abbandono del pannolino è salita a 42 mesi. Il motivo? I gel superassorbenti, limitano la sensazione di bagnato sulla pelle e così il bambino impiega più tempo per imparare a «non farsela addosso».

Con il lavabile si risparmia

Dopo tutta questa serie di controindicazioni appare evidente che i pannolini lavabili di cotone biologico non rappresentano un ritorno al passato, ma anzi una scelta valida sia per la salute del bambino che per l’ambiente, ma non solo. Proviamo a fare un po’ di conti. 6 cambi al dì per tre anni, fanno 6570 pannolini. Considerando un prezzo medio tra 0,24 e 0,35 euro, si arriva, a seconda del modello prescelto, a una spesa media, per i primi tre anni del bambino, tra i 1.576 e i 2.299 euro. Vediamo ora quanto si spende scegliendo pannolini lavabili di cotone biologico. Considerando 20 pannolini di taglia unica, più 6 mutandine (due per taglia), più 60 scatole di veli per la raccolta delle feci si spende in tutto tra i 550 e i 650 euro. Quindi da un terzo a un quarto rispetto alla spesa richiesta dai monouso, senza poi considerare che nel caso di altri figli propri o di amici, pannolini e mutandine si possono riutilizzare gratuitamente. «La difficoltà principale nella diffusione dei pannolini in tessuto» afferma l’ostetrica milanese Giulia Roberti «è il maggior impegno richiesto agli adulti che debbono intervenire tempestivamente una volta che i bambini sono bagnati». «In realtà» ribatte Simone Rugolotto «questo costituisce un doppio vantaggio: gli adulti imparano a conoscere meglio le abitudini del bambino e il bambino si emancipa prima dal pannolino».

Niente usa e getta
L’aggravamento del problema rifiuti e i crescenti costi di smaltimento hanno spinto numerose amministrazioni comunali a sostenere direttamente l’impiego di pannolini lavabili. Uno dei paesi più avanti nell’adozione di politiche a favore dei pannolini in tessuto è la Gran Bretagna. Da qualche anno nella contea del West Sussex, a sud di Londra, i genitori che scelgono l’impiego di pannolini in tessuto, oltre a usufruire del servizio gratuito di lavanderia, hanno diritto anche ad un piccolo incentivo (pari a poco meno di 45 euro) e ad una prima fornitura di pannolini omaggio. In molte zone, la campagna a favore dei pannolini riutilizzabili è sostenuta anche dagli ospedali, nei cui reparti pediatrici vengono promossi e utilizzati pannolini in tessuto, e dalle stesse farmacie che fanno da centri promozionali dell’iniziativa. Graziea questa campagna, oggi nel West Sussex, dove si contano 9 mila nascitel’anno, 560 famiglie utilizzano pannolini in tessuto. E grazie al loro impegno, oggi nelle discariche della contea finiscono 3 milioni e mezzo di pannolini in meno. Iniziative analoghe stanno nascendo negli ultimi anni anche in Italia: Montebelluna, in provincia di Treviso; Tezze sul Brenta nel Vicentino; Acquanegra in provincia di Cremona; Dro, in Trentino. In questi comuni vengono distribuiti, alle famiglie che li richiedono, kit gratuiti di pannolini lavabili e in qualche caso anche incentivi in denaro. La ragione? «Quando si utilizzano pannolini usa e getta» spiega Francesca Corradini, del servizio tecnico del Comune di Dro «ogni bambino produce circa una tonnellata di rifiuti, il cui smaltimento costa al comune circa 136 euro. Distribuendo pannolini lavabili, oltre agli evidenti vantaggi ambientali, l’amministrazione risparmia sullo smaltimento dei rifiuti e i bambini stanno meglio».

Una questione di marketing
«Siamo alle solite» spiega Simone Rugolotto «come già accade per altri prodotti per la prima infanzia, anche nel caso dei pannolini, le aziende produttrici sembrano più preoccupate di soddisfare i bisogni di praticità delle mamme che le esigenze di salubrità del bambino. Per quasi tre anni, i bambini convivono strettamente con i pannolini eppure nessun legislatore si è preoccupato di regolamentare questi prodotti.
Non esiste nessun obbligo di riportare in etichetta i materiali utilizzati, né tanto meno esistono studi clinici che analizzano l’innocuità dei vari prodotti impiegati. La pubblicità ci abituato all’idea: «pannolino usa e getta = igiene». Ma così non è. Il pannolino, mi riferisco naturalmente ai monouso convenzionali, non è affatto igienico. La pelle ha bisogno di respirare e deve stare il meno possibile a contatto con gli escrementi. Ecco perché bisogna preferire i pannolini lavabili e i monouso ecologici e biodegradabili».

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